Intervista a Paola Delucia (in arte Chiroflowers)

paola delucia

La nostra rubrica di intervista questa volta ci concede la possibilità di scambiare due chiacchiere con una artista pugliese, Paola Delucia in arte Chiroflowers che oltre ad essere una bravissima fotografia è anche un’autrice di testi. Abbiamo scambiato con lei due chiacchiere e questo è quello che ne è venuto fuori

Intervista a Paola Delucia

Quando nasce la tua passione per la fotografia e come hai iniziato?

La mia passione per la fotografia non ha un vero e proprio “inizio”. Parlerei più di ἀρχή (arché=principio): una forza che ho avvertito fin da piccola perché ho iniziato a collezionare diversi modelli di macchine fotografiche fin dall’età di 8 anni. Il momento decisivo è arrivato durante un viaggio a Parigi, un’esperienza che ha segnato profondamente la mia crescita spirituale, artistica e fotografica. È stato lì che ho scattato le mie primissime foto, tra cui la mia immagine inaugurale: la “Galleria degli Specchi” a Versailles, immortalata in un momento affollato da turisti e visitatori. Quel momento ha catturato non solo l’immagine fisica di un luogo, ma anche le emozioni e le sensazioni che lo circondavano, aprendo la strada a una nuova consapevolezza del potere della fotografia nel comunicare e condividere esperienze umane universali.

Qual è il tuo genere fotografico preferito è perché?

Il mio genere fotografico preferito è senza dubbio la fotografia paesaggistica e di architettura sacra. Questa preferenza non è nata per caso, ma è il frutto di un percorso di studio e di esperienze che mi ha portato a scoprire il profondo legame tra la fotografia e la mia anima.

Dopo aver frequentato diversi corsi presso prestigiose accademie fotografiche e aver avuto l’opportunità di apprendere da grandi maestri come Olivero Toscani, ho intrapreso un viaggio di scoperta che mi ha condotto alla specializzazione in questo genere. È stato durante questo percorso che mi sono imbattuta nel libro di Ansel Adams, “La Fotocamera”, il quale ha aperto le porte a un mondo di possibilità e ha suscitato in me un profondo desiderio di approfondire la materia.

Ciò che mi affascina della fotografia paesaggistica è il suo potere di catturare la bellezza e la vastità del mondo naturale, trasmettendo un senso di libertà e di connessione con la natura che risuona profondamente con la mia ricerca interiore e la mia espressione artistica. Ogni scatto rappresenta per me un’opportunità di esplorare e condividere il mio mondo interiore, trasformando le emozioni e i sogni in immagini tangibili. Il bianco e nero, con la sua capacità di enfatizzare forme, contrasti e atmosfere, completa e intensifica questo sentimento, aggiungendo una dimensione poetica e senza tempo alle mie fotografie.

Sei un’autrice (hai scritto un libro), credi che la anche fotografia sia una forma d’arte?

Assolutamente sì, la fotografia è senza dubbio una forma d’arte. Come autrice di “Diari di una Sognatrice”, io stessa ho integrato le mie prime foto nel contesto del mio libro, riconoscendo il valore artistico della fotografia.

La fotografia, come la scrittura, è un mezzo attraverso il quale gli artisti possono esprimere se stessi, trasmettere emozioni e comunicare con il mondo. Entrambi i mezzi artistici richiedono creatività, sensibilità e una profonda connessione con il proprio mondo interiore.

La mia ambizione di sentirmi libera di esprimermi attraverso i miei scatti e i miei scritti evidenzia proprio questa intima relazione tra la mia espressione artistica e il mio essere autentica.
Come sosteneva Freud: il sognatore sveglio ha la capacità di trasformare il proprio mondo interiore in qualcosa di tangibile e condivisibile, e io lo realizzo attraverso la mia arte. Quindi sì, fotografia e scrittura sono forme d’arte che si completano reciprocamente, offrendomi una piattaforma per esprimere la mia creatività e la mia visione unica del mondo.

Qual è il tuo segreto per approcciarsi ai soggetti/oggetti da fotografare ed ottenere risultati eccellenti da ogni punto di vista?

Non vi è un vero e proprio segreto da tenere a mente quando ci si avvicina a un soggetto da fotografare; piuttosto, è essenziale accogliere, ricercare e trovare la giusta connessione con ciò che abbiamo davanti, indipendentemente da cosa sia. Questo approccio implica un livello di sensibilità e consapevolezza che va al di là delle semplici tecniche fotografiche.

Per ottenere risultati eccellenti da ogni punto di vista, è importante andare oltre la superficie visibile del soggetto e cercare di comprendere la sua essenza, la sua storia e il suo significato. Questo approccio permette di catturare non solo l’immagine fisica del soggetto, ma anche le emozioni, le sensazioni e le storie che esso evoca.

La fotografia diventa così un mezzo per esplorare e comunicare la complessità e la bellezza del mondo che ci circonda, attraverso una connessione autentica con ciò che fotografiamo.

Digitale o analogico? Foto naturali o post prodotte? Tu da che parte stai?

Mi piace la versatilità della fotografia digitale per la sua facilità d’uso e per le possibilità creative che offre attraverso la post-produzione. Tuttavia, riconosco il valore e il fascino unico della fotografia analogica per il suo processo più artigianale e per il carattere tangibile delle stampe.

Per quanto riguarda lo stile fotografico, apprezzo sia le foto naturali che quelle post-prodotte. Le foto naturali catturano momenti autentici e spontanei, trasmettendo l’essenza genuina del soggetto. D’altra parte, la post-produzione può dare vita a immagini artistiche e suggestive, aggiungendo un livello di creatività e di interpretazione personale.

Personalmente, non mi schiero rigidamente da una parte o dall’altra. Credo che ogni approccio abbia il suo valore e che dipenda dalle esigenze del progetto e dalle preferenze dell’artista. L’importante è che la fotografia, sia essa digitale o analogica, naturale o post-prodotta, sia utilizzata in modo creativo e significativo per comunicare e condividere storie e emozioni.

Stai lavorando nel tuo territorio per portare la fotografia nuovamente al “cartaceo” con la tua rivista di prossima pubblicazione….. parlaci di questo progetto e di cosa hai in serbo per il futuro…

Sto cercando di portare nel mio territorio questa novità, un ritorno al cartaceo e non solo, un ritorno alle origini partendo dalle basi stesse della fotografia. Precisamente il 12/05/2022 ha visto la nascita della mia associazione culturale fotografica “fermoimmagine”, strettamente collegata alla rivista “Mirror” nata successivamente grazie alla collaborazione di artisti emergenti diffusi nel territorio. Mi occupo di promuovere e di diffondere l’interesse, l’amore per la fotografia e per tutto ciò che vi ruota attorno.

La rivista, così come l’associazione, mirano a diffondere la conoscenza del mondo multimediale e fotografico come strumento di comunicazione, socializzazione e dialogo, creando occasioni di incontro e di scambio culturale ed artistico anche tra generazioni differenti e tra persone che hanno una conoscenza ed una linea stilistica differente. La mia intenzione futura è quella di promuovere la fotografia nel quadro di una forte socialità, sentita quale principale veicolo per un autentico coinvolgimento emotivo e intellettuale nella “lettura” della realtà contemporanea.

Se dovessi dare un consiglio ad un fotografo che inizia a scattare, cosa gli diresti?

Oltre alla tecnica e alla conoscenza della tua fotocamera, ti incoraggerei a sviluppare il tuo occhio fotografico. Ciò significa imparare a guardare il mondo con occhi curiosi e attenti, pronti a cogliere gli elementi più significativi e interessanti di ogni scena. Prima di sollevare la fotocamera, prenditi del tempo per osservare, per comprendere la luce, le linee, i colori e le forme che compongono il tuo soggetto. Spesso i migliori scatti non sono quelli pianificati o impostati, ma quelli che emergono spontaneamente quando si riesce a catturare un momento unico, una particolare espressione o un dettaglio sorprendente.

Ricorda che l’attimo decisivo, il momento perfetto per scattare, può presentarsi in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo, quindi mantieni gli occhi ben aperti e la mente pronta. Sii sempre pronto a cogliere l’opportunità di catturare un momento indimenticabile, perché il mondo intorno a noi è ricco di bellezza e di sorprese che aspettano solo di essere immortalate attraverso il tuo obiettivo.

Un aneddoto particolare che vuoi raccontare del tuo percorso fotografico.

Durante il mio percorso fotografico, mi è stato assegnato un compito molto particolare in Accademia: descrivere ad un cieco il mio sguardo. Questa sfida mi ha portato a riflettere sul modo in cui interpreto il mondo attraverso gli occhi di un fotografo e su come trasmettere questa visione a qualcuno che non può vedere.

Ho deciso di intitolare il mio compito “La Panchina Spettatrice”. Questo perché ho scelto di concentrarmi su un elemento apparentemente semplice ma ricco di significato: una panchina in un parco. La panchina rappresenta un punto di osservazione privilegiato, un luogo dove ci si siede per contemplare il mondo che scorre intorno a noi.

Nel mio racconto, descrivo la panchina come un testimone del tempo che passa, con i segni dell’usura e i ricordi dei giovani innamorati incisi sulla sua superficie. Ma la panchina non è sola: è circondata da due alberi che formano un cuore, simbolo di amore e di romanticismo. In questo contesto, la panchina diventa una spettatrice silenziosa di tutto ciò che accade intorno a lei: il via vai di persone, il rumore della ferrovia, le emozioni di chi parte e di chi arriva.

Questo aneddoto rappresenta per me un momento di profonda consapevolezza sulla natura della fotografia e del suo potere di cogliere la bellezza e la complessità del mondo che ci circonda. Mi ha insegnato che la fotografia non riguarda solo la tecnica o la composizione, ma soprattutto la capacità di guardare oltre le apparenze e di catturare la vita nelle sue molteplici sfaccettature.

Se volete seguire Paola Delucia (chiroflowers): https://chiroflowers.com/

 

 

 

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